Cos’è il profilo funzionale e a cosa serve?
Abbiamo già approfondito in cosa consiste l’iter diagnostico per arrivare alla diagnosi di Disturbo Specifico dell’Apprendimento.
Il processo che porta alla formulazione diagnostica va oltre le pure finalità di classificazione di un disturbo poiché ha l’obiettivo di delineare un profilo di abilità. Tale profilo è necessario per la progettazione delle azioni di aiuto più opportune per quel bambino, ragazzo o adulto.
Il profilo funzionale consente perciò di entrare nello specifico delle caratteristiche del bambino, ragazzo o adulto; è importante chiarire che si tratta di un passaggio indipendente dalla presenza di un DSA, perché il profilo va descritto anche in caso non sia emerso dalla valutazione un disturbo codificato. Quello che cambia è la forma del documento finale che descrive il profilo funzionale.
Quando noi professionisti elaboriamo i dati che confermano o disconfermano l’ipotesi, stiamo procedendo a una formulazione diagnostica. In sostanza, esplicitiamo un ragionamento specifico per ogni bambino in ragione del quale affermiamo che “gli elementi raccolti sono compatibili con una diagnosi di DSA”.
Sia nel caso in cui si arrivi ad una diagnosi di DSA, sia nel caso contrario, si crea un percorso logico che serve a connettere un’ipotesi relativa ad una categoria diagnostica. Questo percorso deve tener conto del profilo globale del bambino, come pure di eventuali aspetti legati al contesto e ad altre variabili che possono motivare la sospensione delle conclusioni diagnostiche.
Riassumendo, la formulazione diagnostica si riferisce a obiettivi più ampi della sola classificazione che si trova sui manuali.
Nel caso in cui sia presente la condizione di DSA, il passaggio successivo consiste nel definire, per ciascuna area di apprendimento sotto il cut-off, il codice diagnostico definito nell’ICD-10.
Quando invece NON è presente una condizione di DSA faremo esattamente lo stesso dal punto di vista concettuale, ma non sul piano formale, perché non vi saranno i codici ICD-10. È difficile infatti che da una valutazione non emergano aree di fragilità (altrimenti il bambino non sarebbe stato inviato) e di tali fragilità è opportuno non solo prendere atto ma anche definirle attraverso una relazione approfondita ed adeguata.
Sul piano formale dunque le strade si separano, a seconda del quadro diagnostico:
in un caso la diagnosi sarà certificabile ai sensi della legge 170 e dunque sarà rilasciata una certificazione dall’ASL; nell’altro caso si rilascerà una relazione che segnalerà la presenza di una condizione di BES.
Entrambi i documenti, pur con differenze di forma, conterranno una descrizione di come funzionano i bambini (cioè il loro profilo funzionale) e attiveranno dispositivi normativi diversi.
La certificazione attiverà d’obbligo le misure di tutela previste dalla legge 170, mentre la relazione senza la diagnosi potrà attivare misure di tutela a discrezione del team docenti o, per le scuole secondarie, del consiglio di classe.
Se due bambini inoltre ricevono una diagnosi di dislessia, tale disturbo specifico non si esprime nello stesso modo nei loro profili, perché sono bambini con storie diverse, che vivono in ambienti diversi.
Lo stesso disturbo impatterà quindi in maniera diversa sulla loro quotidianità e queste differenze non emergerebbero menzionando semplicemente la loro diagnosi.
Il profilo funzionale definisce queste specificità.
In particolare, consente di sottolineare le caratteristiche di ciascun bambino, ragazzo o adulto.
Nel profilo si fanno emergere varie sfaccettature in modo che la scuola abbia un’immagine chiara di come funziona il bambino e possa procedere a una scelta ragionata delle misure di aiuto più funzionali a ridurre l’impatto del disturbo.
L’equipe Focus Dsa ha quindi ben chiaro il compito del clinico: deve produrre un documento leggibile, comprensibile, e traducibile.
Affinchè i profili funzionali abbiano tali caratteristiche si agisce su due fronti: rendendo esplicite le modalità certificative definendo i punteggi e i codici se si è in presenza di un DSA, e nello stesso tempo lavorando sulla qualità del documento che comunica il profilo, cioè delineando una relazione clinica in cui si dà una descrizione specifica del profilo funzionale che descrive le aree di fragilità e i punti di forza di ciascun bambino, ragazzo o adulto.