A quasi un anno di distanza dall’inizio dell’avvio della DAD, è importante fermarsi a riflettere sull’efficacia degli strumenti e delle metodologie applicate alla didattica, soprattutto se dall’altro lato dello schermo del PC si trova un alunno con bisogni educativi speciali o disturbo specifico dell’apprendimento.

Ad oggi ci si chiede se gli strumenti che si stanno utilizzando riescano davvero ad attuare quell’inclusione in grado di portare al successo formativo, che è l’obiettivo fondamentale del nostro sistema scolastico.

La questione può essere affrontata da diversi aspetti: quello delle strategie più propriamente didattico – educative e quello degli strumenti digitali impiegati nella didattica a distanza.

La didattica a distanza ha avuto e ha due significati. Da un lato, mantiene viva la comunità di classe, di scuola e il senso di appartenenza, combatte il rischio di isolamento e di demotivazione. Dall’altro lato, è essenziale non interrompere il percorso di apprendimento.

 La nota ministeriale 388 del 17 marzo 2020 del Ministero dell’Istruzione, avente come oggetto “Emergenza sanitaria da nuovo Coronavirus”, invita in maniera perentoria che è necessario porre attenzione agli studenti con DSA. Recita, infatti, che “occorre dedicare, nella progettazione e nella realizzazione delle attività a distanza, particolare attenzione nel rispetto dei piani didattici personalizzati stilati. La strumentazione tecnologica, con cui tali studenti hanno, di solito, già dimestichezza, rappresenta un elemento utile di facilitazione per la mediazione dei contenuti proposti. Occorre rammentare la necessità, anche nella didattica a distanza, di prevedere l’utilizzo di strumenti compensativi e dispensativi, i quali possono consistere, a puro titolo esemplificativo e non esaustivo, nell’utilizzo di software di sintesi vocale che trasformino compiti di lettura in compiti di ascolto, libri o vocabolari digitali, mappe concettuali”.

Spesso gli studenti con Disturbi Specifici di Apprendimento vengono considerati alunni tecnologici e questo elemento rischia di diventare una vera e propria trappola.

Fino ad oggi far utilizzare gli strumenti compensativi all’allievo con DSA per studiare e fare i compiti è risultato, per molti, un’azione sovente inutile se non completata da una formazione metodologica particolarmente efficace. Così come capita, chiaramente, per ogni strumento che si adopera a scuola, soprattutto quando questo è tecnologico, è indispensabile prendere coscienza e applicare un metodo d’uso per rendere possibile l’osservazione dell’efficacia e della validità della risorsa. Senza un uso valutativo, conscio e creativo della tecnologia, il rischio di inutilità è davvero molto alto e significativo, effetto che sovente causa aggiuntive delusioni, malori, calo della motivazione e principalmente, calo dell’autostima.

Un altro aspetto critico risulta essere il carico cognitivo a cui sono sottoposti gli alunni in DAD dovuto ad un errata interpretazione che i docenti fanno, talvolta coscientemente, della didattica a distanza intesa, da loro, erroneamente, come mera assegnazione di pagine da studiare. Gli studenti con DSA faticano molto a gestire, autonomamente, una tale spropositata mole di argomenti nuovi e per di più sono costretti a confrontarsi con una realtà assolutamente nuova.

L’innovazione didattica mira a rendere gli apprendimenti personalizzati e calibrati su tutti, all’uso positivo delle tecnologie per la didattica, all’uso dell’informatica come strumento in grado di potenziare le proprie intelligenze, all’attenzione dei tempi di sviluppo degli studenti, anche in virtù degli alunni e delle alunne con DSA.

Si deve far leva sulle risorse cognitive dei nostri studenti con un percorso che li porti ad avere cognizione delle strategie (metacognizione) che dipendono alle abilità di studio, adoperando in maniera critica e consapevole gli strumenti didattici e compensativi informatici.

Perché strategie e strumenti possano combinarsi efficacemente, e quindi coinvolgere soprattutto chi ne ha più bisogno, potrebbe essere utile ed efficace applicare le seguenti strategie didattiche:

  • Il lavoro nel piccolo gruppo. Molti insegnanti trovano funzionale “incontrare”, o “reincontrare” i propri alunni in orari dedicati e magari per brevi periodi, per puntualizzare, in un piccolo gruppo, alcuni aspetti delle lezioni rivolte alla classe. L’ideale potrebbe essere affiancare dei brevi interventi didattici sul piccolo gruppo, che rendono possibile una discussione partecipata, un coinvolgimento maggiore degli alunni che hanno necessità di essere inclusi, a quelli sull’intero gruppo classe.
  • Esperienze di co-docenza. Presentare un argomento da diversi punti di vista e con approcci diversi, dà alla lezione un taglio meno settorializzato, trasversale, interdisciplinare come sarebbe giusto, anche senza il lavoro a distanza.
  • La condivisione attraverso strumenti di cooperazione digitale. Interagire significa innanzitutto agire, e poi re-agireai continui stimoli forniti dai propri interlocutori. Difficile nascondersi dietro allo schermo del pc – come in classe si tende a “scomparire” nelle ultime file – quando i docenti o i compagni chiedono non già di stare fermi ad ascoltare, ma di costruire cooperativamente l’oggetto dell’apprendimento. La maggioranza degli strumenti digitali disponibili oggi per la didattica è orientata alla costruzione collaborativa: le possibilità offerte dalla tecnologia spingono a potenziare al massimo la creazione condivisa dell’apprendimento. Questa relazione che attiva i meccanismi attentivi e cognitivi dell’alunno con BES può rivelarsi particolarmente efficace e trova nella didattica a distanza uno dei suoi luoghi di elezione, perché l’inclusione migliore non è calata dall’alto, ma condivisa nelle pratiche quotidiane, oltre che nei principi.
  • Il ritorno, il feedbackSenza feedback non c’è didattica, ma soprattutto non c’è didattica a distanza. Solo se si garantisce una circolazione a doppio senso delle informazioni, e la si garantisce a ciclo continuo, l’alunno può apprendere (comprendendo i propri errori) e il docente può valutare. Il compito corretto è pur sempre una forma di relazione, anche in virtù del portato psicologico costituito dal feedback dell’insegnante, oltre naturalmente alla sua ricaduta pedagogica, assicurare la risposta agli alunni significa contribuire ad assicurarne l’inclusione. Gli alunni in difficoltà di apprendimento hanno bisogno di avere rimandi specifici su punti di forza e di debolezza del loro studio.

 

Alla luce di queste riflessioni, parecchi aspetti della DAD hanno la possibilità di divenire opportunità preziosa per potenziare le abilità, senza dimenticare, però, di considerare con accuratezza le criticità che incidono sul processo formativo e su quello educativo.

Qualsiasi sia l’alunno che con la quale operiamo, nella scuola di tutti e di ciascuno, le competenze digitali davvero permettono lo sviluppo di un pensiero creativo e una sana e duratura consapevolezza delle proprie capacità.

Articolo scritto dalla Dott.ssa Paola Borgarello.

Disturbi Specifici dell’Apprendimento e DAD. A un anno di distanza.
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